martedì 21 giugno 2022

Prontuario ironico delle piccole frustrazioni quotidiane

 

Prontuario ironico delle piccole frustrazioni quotidiane

Di solito genera frustrazione il mancato appagamento di un desiderio o il non raggiungimento di un fine. Tale sensazione può derivare sia da grandi che piccoli eventi. Proponiamo un elenco fra il serio e il faceto, delle frustrazioni minime, comuni a molti.

Dentifricio - quando sta per finire impossibile spremere il tubo e far uscire il poco che resta.

Telefono cellulare - squilla in casa e non si sa dove sia... Classico trovarlo all'ultimo squillo.

Bilancia pesapersone - va sempre un chilo avanti.

Parcheggio - non si trova mai

Chiavi - come il parcheggio...

Auto lavata di fresco: pioggia!

Occhiali - da pulire, appannati, o da un'altra parte...

Scarpe - nuove, attirano maltempo, fango ed escrementi.

Brufolo - immancabile prima di un giorno importante.

Biscottino - l'ultimo è stato mangiato da qualcun altro

Patatina fritta - come biscottino

Cioccolatino - vedi biscottino e patatina

Ago - nel cercarlo inutilmente, facile trovare altri oggetti anche dimenticati, che si cercavano anni addietro.

Borsa - un pozzo senza fondo, dove annaspare alla ricerca del portafogli, per trovare nel frattempo, chiavi di qualunque cosa, agendine, kleenex, caramelle, cellulare, ecc. ecc.

Tessera del supermercato - sta sempre dove non si era messa.

Supermercato, carrello: immancabile il guantino per la frutta lasciato dentro...

Punti - completata la scheda, per il premio più utile la differenza è di almeno 20. 25, euro...

Matrimonio - se non è il proprio cosa che aprirebbe a un ventaglio di infinite possibilità, di sicuro l'abito da cerimonia indossato si rivela troppo leggero se è inverno, troppo pesante se è in estate, sempre con qualcosa che non va in ogni caso.

Parcheggio— si libera appena passati oltre...

Carta igienica– finisce sempre al momento sbagliato

Computer - ci mette un secolo a caricare, specialmente se si ha fretta...

Centesimi - non si fa mai in tempo a contarli

Domenica - colazione, finito il caffè, il latte o il tè.

Gratta e vinci - non vinci!  

 Laura Antonelli Copyright 2022 (Articolo pubblicato sul giornale La Cicala Parla - Giugno/luglio 2022)

 

lunedì 20 giugno 2022

C'era una volta...

 

C'era una volta...

Come molti altri sono cresciuta in un'epoca in cui la tecnologia era agli albori. Non è un ricordo soltanto mio quello della TV in bianco e nero con soli due canali e priva di telecomando, che per cambiar canale si faceva la conta ad alzarsi... Lentamente ho visto il telefono cellulare sostituire i gettoni per telefonare, le buste di plastica rimpiazzare il cartoccio e la sporta dal salumiere. I piccoli negozi di alimentari sparire, per lasciar spazio alle grandi catene di supermercati. In estinzione anche il gelataio munito di carrettino e immancabile, festante, codazzo di ragazzini. Poi le belle bilance “Stadera” con il tipico stilo tarato a Kg e il piatto metallico sorretto per tre lati da una catena, messe via per utilizzare altri congegni. Agli appuntamenti presi per telefono, quello fisso di casa - l’unico che esistesse – bisognava arrivare puntuali poiché non c’era modo di avvisare in caso di ritardo. Lo scaldasonno ha sostituito “il prete” come chiamata dialettalmente la struttura in legno alquanto ingombrante, da introdurre nel letto da scaldare, corredata di braciere. Ho visto il cielo più azzurro perché privo di smog, conosciuto le stagioni con il loro rassicurante ritmo, il mare in tempesta mi ha regalato tante conchiglie. Soli si stava raramente, le famiglie erano patriarcali, gli anziani donavano la loro esperienza e i piccoli la gioia di vivere. Oggi con gli indubbi vantaggi apportati dalla tecnologia, si vive meglio e più comodi in genere. Tramite computer è  facile giungere in qualsiasi parte del mondo in pochi minuti e trovare, talora ritrovare, amici lontani. Tolto l’isolamento emotivo che caratterizza l’epoca, forse causato dalla mancanza di concreti rapporti umani e da uno sfaldamento in generale della famiglia, malgrado altre note problematiche, direi che “non possiamo lamentarci”, frase sibillina molto in uso nella Russia anni 50...!  Certo, ogni tanto un po’di nostalgia, ma anche il grande previlegio di aver assistito agli anni che hanno cambiato la storia e l’immagine del mondo. 

Laura Antonelli Copyriht(Articolo pubblicato sul guiornale di zona "La Cicala Parla" 2022)

domenica 19 giugno 2022

Casalotti, Borgo Ticino e i colori del mercato coperto

 

Casalotti, Borgo Ticino e i colori del mercato coperto.

Racconto di un sereno giro fra i banchi del mercato, alla scoperta di colori, atmosfere sopite nel tempo e nella quiete di un quartiere giovane eppure pregno di storia... 
Sono circa le quattro del pomeriggio quando giungo in macchina a Borgo Ticino, passando davanti ai resti dell’antica Villa di epoca Romana celata tra strutture moderne e i telai di lavori stradali, quieta nella sua secolare bellezza. Oltrepasso anche il Comando dei Carabinieri, poi parcheggio. E’ semplice trovare un posto, a volte. Guardo in direzione del mercato coperto rimasto chiuso per un po’, a causa dei lavori di ristrutturazione che, noto avvicinandomi, lo hanno reso scintillante. C’è poca gente in giro. Scopro che il primo box all’entrata, alla mia destra, ha cambiato proprietario, ma l’attività è rimasta la stessa: una piccola merceria quasi vintage, che vende pizzi e merletti. Proseguo, dopo un’occhiata distratta al negozio di scarpe alla mia sinistra, seguito da un altro box dove sono esposti abiti insoliti e giacche, alcune contornate di pelliccia -sintetica - noto contenta. Vado oltre, abbacinata dai raggi del sole sul lastricato candido, che manda riflessi argentei. Mi guardo intorno. Banchi di frutta e verdura, mele turgide color rubino, accanto a bietole violacee dal fogliame verde brillante. Appresso una fila di ananas nelle tonalità dell’ocra, schierati come soldati dall’intrepido ciuffo. Stampelle sorreggono abiti nel banco vicino, che garriscono al vento come bandiere dai mille colori. Vorrei comprare tutto, anche se in realtà non ho bisogno di niente... 
Vengo distratta da un dolce profumo di caffè, rapita ne seguo la scia. Salgo le ripide scalette color gesso che da un lato conducono fuori dal mercato immettendo nella viuzza parallela, Santa Bernadette. E' poco transitata. Guidata dalla gradevole fragranza, giungo in vista della torrefazione seminascosta, lì dal 1900 ed entro. Una donna simpatica di mezza età, mi saluta sorridente, mentre guardo i grandi contenitori di vetro ricolmi di caramelle, di quelle che non si trovano più facilmente, che fanno parte della tradizione dolciaria. Ne compro un etto miele e sesamo. Già che ci sono prendo delle gocce di zucchero d’orzo colorato per la mia piccola pronipote. E poi, il caffè, il cui aroma inebria, appaga, più di ogni altro. Ne acquisto mezzo chilo in un sol pacchetto. La donna mi regala anche un cioccolatino, un classico, che contiene nell’incarto un piccolo messaggio sempre dedicato a sentimenti. Ringrazio, lo metto in tasca e di nuovo passo per le scale, attraverso il mercato, raggiungo la mia auto nel parcheggio.
Il sole ha iniziato a scendere ed è quasi buio, anche se ancora si distinguono i contorni dei palazzi intorno, nell’arancione infuocato del tramonto. Seduta nell’abitacolo illuminato, scarto il cioccolatino, ne assaporo deliziata il gusto pieno, di cacao e nocciole tostate, leggo il minuscolo bigliettino bianco, dove a sorpresa trovo scritta soltanto una parola: “colori”. Insolito! Lo giro e rigiro tra le dita, nulla, non c’è altro.
 Poco dopo verso la periferia, percorro in auto via Boccea, ormai completamente buia, l’illuminazione è sempre scarsa, la campagna mi sfreccia accanto nell’oscurità e dal buio emergono timori sopiti, di fantasmi, oscure leggende metropolitane. Incontrerò la dama bianca di Boccea? E chi lo sa. Spero di no.
 
Laura Antonelli Copyright [Articolo pubblicato sul giornale di zona"La Cicala Parla" anno 2021]

mercoledì 25 maggio 2022

Negli stornelli romani "fiore de canna"

 
 
Canna Indica
 
 
 

Il fiore di Canna o Canna d’India, Achira in botanica, appartiene alla famiglia delle cannacee e si suddivide in cinquanta varietà, tutte originarie del continente Americano. Nei paesi di origine le canne sono coltivate da millenni, sia come piante ornamentali, che come ortaggi, poiché il tozzo rizoma carnoso è commestibile, e viene utilizzato per ricavarne amido. La leggenda designa questa pianta come raffigurazione vegetale dell’asse del mondo simbolo di mediazione fra la dimensione terrena e quella divina, dato il suo innalzarsi al cielo. La flessuosità e adattabilità delle lunghe ramificazioni, rappresenta invece la capacità di resistere alle avversità. Anticamente il mitico re indiano Achal, ne fece dono in una ghirlanda, alla regale consorte Darika. La tradizione favolistica dell’episodio narra che la collana di fiori, per volere del dio Shiva, quando la regina rimase vedova e privata delle sue ricchezze dal figliastro del re erede al trono, divenisse completamente d’oro, permettendo alla donna, con il ricavato della vendita di un singolo, magico, fiore, di condurre un’esistenza dignitosa. Per concludere uno stornello romano del 1600 dall’invocazione floreale che caratterizza altri stornelli, modo di cantare detto “a storno” ossia facendo rimbalzare la voce da più parti, nato in quel periodo storico, così recita: <<Fiore de canna
si fussi fija de casa Colonna
nun saressi co' me tanto tiranna …>> 
 
Laura A. (per e da "la Cicala Parla" maggio/giugno 2021)
 
 
 
 
 
 

giovedì 31 marzo 2022

Dicerie a Roma

 

Il problema forse ebbe luogo quando i Sabini, che nel III secolo a.C. occupavano il territorio sulla riva sinistra del Tevere, furono prima snobbati, poi presi di mira dai Romani, per ‘questione di donne’ si direbbe oggi,  situazione che comunque si concluse con lo storico ratto delle Sabine organizzato da Romolo, primo re di Roma. Evento che provocò nei Sabini un “pochino” di risentimento mai sopito, nemmeno con la fusione dei due popoli, vicenda che ha contribuito  nei secoli, alla creazione del mito della presunta rivalità fra Roma Sud e Roma Nord, quasi che il patrimonio genetico dei Sabini abbia mantenuto memoria  dell’onta subita, facendo ribollire in vendicativi flutti il sangue dei discendenti romani. In realtà non è andata proprio così, abbiamo dato ad alcuni eventi storici un’interpretazione del tutto personale, funzionale allo scopo di introdurre e sfatare una vecchia diceria o  leggenda metropolitana, che vorrebbe contrapposti gli abitanti a Nord e a Sud della capitale, per motivi di incompatibilità  caratteriale. Nulla di più falso ovviamente, per cittadini che hanno gli stessi problemi di sopravvivenza, fra disservizi e pattume, poiché ‘la monnezza’ non risparmia nemmeno i cosiddetti quartieri bene della città, facendo migrare i suidi dalle campagne  nord-ovest ai centri metropolitani sud- est e viceversa… In ogni caso giù le mani dai cinghiali! È ormai il motto di molti romani, che dopo anni di stretta convivenza, si sono affezionati agli ingombranti coinquilini pelosi e grufolanti, i quali certamente svolgono un ruolo fondamentale nel tenere un poco più pulita la città... 
Quanto alla  rivalità di cui si è detto, ricordiamo di essere tutti almeno nella leggenda, discendenti di Romolo, perciò Roma è da condividere tutelare in parti uguali, data anche la notevole, continua, espansione  che vede spuntare nuovi quartieri come funghi. Quindi si può concludere che il vecchio, a taluni caro, contrasto fra abitanti, è ormai materia asfittica destinata a disperdersi nell’inquinamento acustico, ambientale ed elettromagnetico che caratterizza la Città Eterna, con buona pace dei placidi Sabini, coinvolti loro malgrado, nelle nostre improbabili teorie.      

 Laura Antonelli [Copyright] . Articolo pubblicato sul giornale 'La Cicala Parla' gennaio/ febbraio 2022                      

mercoledì 30 marzo 2022

Storia e mito "Sognando Cleopatra"

 

 

Una mitica regina dell’antico Egitto della quale abbiamo sempre sentito molto parlare, musa di poeti, pittori, artisti, che le hanno reso omaggio nel corso dei secoli. Fra le attrici che si sono cimentate nell’impersonarla, sul grande schermo ricordiamo l’eterea Elizabeth Taylor, la donna che più di ogni altra nell’immaginario collettivo, ha potuto incarnarne il fascino leggendario. :<<Chiudetevi, finestre delle ciglia, perché il Sole d’oro mai più sarà contemplato da pupille così grandi>> una sua frase dischiude la porta del tempo e fa giungere l’eco delle sue parole fino ai nostri giorni, nella narrazione di in una storia unica, avvincente, d’amore, coraggio e regalità: la sua vita. 

In Egitto la nascita di una bimba allieta il faraone Tolomeo nel 69 a.C., la piccola è destinata a salire sul trono molto presto. Alla morte del padre nel 51 a.C. la diciassettenne Cleopatra regna assieme al fratello minore, Tolomeo XIII in seguito fatto uccidere dai romani. Poi l’inizio della leggenda, l’incontro con Giulio Cesare e il primo grande passo nella storia, che narra si sia presentata all’imperatore avvolta in un tappeto rosso, fatto stendere a terra dai suoi servi dal quale sarebbe emersa similmente a una dea. Poi l’amore con Cesare, il trasferimento a Roma insieme al loro figlio Cesarione, sino al brutale assassinio dell’amato, causa della precipitosa partenza di Cleopatra e del suo ritorno in Egitto.

Roma tuttavia non ha ancora finito con lei, poco dopo l’incontro fatale con il vincitore d’Oriente Marco Antonio, sfociato in un grande, quanto sfortunato amore, alimenta a Roma, l’idea che la coppia possa dar vita a un impero Orientale con capitale ad Alessandria. Il resto è storia, conclusasi con una battaglia epocale nello Ionio, al largo di Azio nel 31 a.C., la sconfitta ad opera di Ottaviano degli eserciti dei due amanti, il loro suicidio.

La tomba o cripta sepolcrale di Antonio e Cleopatra, malgrado gli scavi archeologici ad Alessandria, non è mai stata individuata.

Laura Antonelli 

 da e per il giornale "La Cicala Parla" gennaio/febbraio 2022 (Copyright-2022)

 

domenica 27 marzo 2022

VIA BOCCEA ANTICA - Storia e archeologia

 
 


Dal legionario Aulo Mario Celso a Giovanni dalle Bande Nere, un excursus storico-archelogico nel nostro territorio, retaggio inestimabile di cultura, storia e tradizione. Qualcosa che ci riallaccia alle  origini e alla magnificenza  di un 'tempo che fu', quando  Romolus fondatore di Roma conquistò i sette villaggi,  sino ai luoghi ove sostò Giovanni dalle Bande Nere... 

A Roma, seguito e molto apprezzato l'evento di zona, che ha avuto luogo nel fondo Cascina di Sotto in via Boccea. Un pomeriggio fantastico in cui la routine si è interrotta per dar spazio ad altre magiche dimensioni temporali, in un suggestivo scorcio della Roma antica, nella sua quotidianità, tra pietanze d'epoca, miliziani, tessitrici, matrone, e, in uno scavo non lontano emersa dal verde, la via Cornelia, intatta nell'antico splendore di levigati basalti.  In seguito alla gradita iniziativa, molti hanno mostrato rinnovato interesse per i siti archeologici celati nel territorio periferico di via Boccea.   Nel luogo, tornato per un giorno palcoscenico di antichi fasti, si suppone possa essere celata nella terra la Basilica di Santa Rufina e Seconda, ubicata secondo studi cartografici del Settecento, tra l'antico asse viario della via Cornelia (ora via Boccea) e il territorio adiacente il fondo sopra citato, dove sono stati in effetti rinvenuti numerosi reperti archeologici tra cui la via Cornelia eun importante cippo funerario.

 


 


STORIA E LEGGENDA  si mescolano, ascoltando racconti tramendati di generazione in generazione, secondo cui nel luogo della Basilica, custodita tra molto altro, si troverebbe la testa di Santa Rufina, martire insieme alla sorella Seconda ai tempi di Valeriano e Galeno nel 260 ca, che costudirebbe al suo interno l'oro dell'altare di San Pietro. Nell'area la tomba del legionario Aulo Mario Celso "legatus" in Pannonia sotto l'impero di Nerone, al comando della Legione XV Apollinaris, del quale trovò parte del Tumulo l'archeologo Raffaele Fabretti (1618+1700) che molto  si dedicò agli scavi nell'Agro Romano.

 

 

EUFROSIO DELLA VOLPAIA  le cui carte descrivono la campagna romana al tempo del pontefice Paolo III 1547, del Castasto Alessandrino del 1660  seguendo le cui indicazioni era possibile raggiungere l'acquedotto dell'acqua Alisietina, chiamata anche acqua Augusta (costruito nel 2 a.C.) per volere di Augusto,  settimo acquedotto di Roma che da Martignano giunge  a Trastevere, realizzato inizialmente per spettacoli di naumachia, combattimenti navali su bacino artificiale, nella zona di Trastevere. ll percorso, interamente sotterraneo era lungo 22,172 miglia romane, quasi 33 km, di cui si conosce solo il tratto iniziale di circa 200 metri, corrispondente al cunicolo, ricavato direttamente nella roccia di tufo, da cui l'acquedotto riceveva l'acqua del lago di Martignano. Con ogni probabilità seguiva il percorso della via Cassia e della via Trionfale fino nei pressi della località oggi chiamata Osteria Nuova. Poco più avanti, presso di Santa Maria di Galeria, piegava a sud verso le zone di San Nicola e Porcareccia, quindi dopo la località Maglianella attraversava quella che è oggi l'area di Villa Doria Pamphilj ed entrava in Roma in prossimità dell'attuale Porta San Pancrazio.

 

Giovanni dalle Bande Nere
GIOVANNI DALLE BANDE NERE  -  Le catacombe di San Mario, Santa Marta e Santa Rufina, sono cunicoli lunghissimi di cui non si conosce l'esatta funzione. Di uno soltanto è nota la storia, poiché veniva usato da Giovanni Delle Bande Nere  o Ludovico di Giovanni de' Medici, ultimo difensore della cristianità contro i lanzichenecchi nella battaglia di Governolo nel 1526, sposato con la nobile Maria Salviati,  figlia di Lucrezia de' Medici e Jacopo Salviati e madre di Cosimo I de' Medici, il patriarca del ramo granducale dei Medici. Il suo matrimonio fu particolarmente importante, perché per suo tramite si riunirono il ramo principale e quello popolano o cadetto della famiglia de' Medici.

 

Antica via Cornelia ora via Boccea


PONTI DEL TARDO IMPERO ROMANO DEL 300 d.C. CIPPI  FUNERARI- TANTA STORIA SEPOLTA
Presenti nelle campagne intorno a via Boccea, resti di ponti del tardo Impero Romano del 300.d.C. e anche un cippo funerario pagano con la scritta in parte cancellata dal tempo "Rufina e Seconda". La Basilica la cui pianta era già stata  individuata dagli inglesi, in un periodo antecedente al II conflitto Mondiale, sarebbe posta tra i Casali di santa Rufina  e l'antica via Cornelia che a tratti li attraversa, passando anche da Porcareccina,
valle Santa e via della Storta. 

Autrice Laura Antonelli [Copyright] - articolo pubblicato nel 2020, sul giornale di via Boccea "La Cicala Parla" almanacco. http://www.lacicalaparla.altervista.org/