Nel senso comune popolare, lo scapolo è un uomo sereno, libero, rimasto
volutamente celibe. La zitella, una che nessuno ha mai voluto...
Partendo da tale provocatoria asserzione, affrontiamo l'annoso concetto del sessismo, termine coniato dal movimento femminista negli anni Sessanta, che indica, giustifica, promuove l'idea dell'inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile, con conseguente discriminazione delle donne in ambito culturale, professionale, sociopolitico. Insomma, malgrado gli enormi progressi sociali che hanno caratterizzato la nostra epoca, ancora permangono immutate pesanti discriminazioni non dichiarate, in base al sesso di appartenenza. Ad esempio per comprendere la portata del fenomeno, basta ricordare quanta resistenza ha incontrato nel nostro Paese la recente legge che propone la possibilità per il figlio di adottare entrambi i cognomi dei genitori, come già accade da tempo in Spagna. L'Italia, onde non tradire secoli di cultura patriarcale, è stata condannata nel novembre 2014 dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, per violazione dei diritti umani, poiché i giudici europei hanno stabilito che " dare ai figli il cognome della madre, è un diritto". Continuiamo con una serie di situazioni che vedono le donne in svantaggio rispetto ai compagni uomini, anche nel resto d'Europa. Ad esempio lo stipendio femminile è in media più basso, seppure a egual mansioni lavorative secondo il "gender pay gap" (differenziale retributivo di genere), mediamente del 18%. Alcuni Paesi tra cui Germania e Regno Unito, stanno discutendo progetti per ridurre tale differenza salariale. Inoltre pochissime donne ricoprono incarichi dirigenziali, occupando causa maternità, posti con orari più flessibili. Il divario esistente sembrerebbe causato peraltro, da discriminazioni nel luoghi di lavoro, con mancati riconoscimenti delle competenze femminili rispetto a quelle maschili, scarsa rappresentanza nella politica e nell'economia, con in più il carico, spesso non condiviso, delle responsabilità familiari.
Oltre a quanto detto, esiste il fenomeno della violenza, sia essa fisica che verbale, rivolta agli individui di sesso femminile, piaga sociale in parte sommersa dall'omertà, dalla difficoltà di denunciare agli enti preposti un fidanzato, un compagno, un marito violento, arrivando nei casi più gravi, tristemente balzati agli onori della cronaca, di omicidio o -femminicidio-, termine quest'ultimo sessista più di ogni altro! Esiste come noto nel dizionario della lingua italiana il termine "omicidio" a indicare in modo non discriminatorio la soppressione di un'altra vita umana, senza porre l'accento sulla differenza di genere, trattandosi appunto di genere umano. Pertanto la parola "femminicidio" suona come un' ulteriore offesa alla dignità femminile, negando di fatto alle donne, l'evidente diritto di appartenenza a un' unica specie, non differenziata nelle azioni e nel sentimento, dal sesso.
Come dire? Certi retaggi culturali sono subdoli e prendono il sopravvento nei modi più bizzarri, anche facendo coniare un termine che più che perorare la causa, la minimizza. E' stata uccisa una femmina...che vuoi che sia!
Insomma, le conquiste delle donne sono state importanti e innumerevoli, a partire dal Divorzio legalizzato nel 1970, alla legge sulla maternità del 1971, i Consultori Pubblici nel 1975, fino a riscrivere nello stesso anno il "diritto di famiglia", che eliminerà tutte le disparità esistenti tra uomo e donna nel vecchio codice. Poi finalmente, la legge sulla - violenza sessuale- emanata nel 1996 modificando il reato da "contro la morale pubblica" a "contro la persona". Grandi traguardi, ma anche enormi difficoltà in un percorso di eguaglianza accidentato, che a partire dal Medioevo quando le donne non era importante sapessero leggere o scrivere, a meno che non si volesse assegnarle allo stato monacale... ha in questi ultimi decenni sdoganato principi secolari. Tuttavia, permane un sessismo strisciante, che si palesa sovente nei particolari, in un eco poco gradevole che sa di preconcetto.
Partendo da tale provocatoria asserzione, affrontiamo l'annoso concetto del sessismo, termine coniato dal movimento femminista negli anni Sessanta, che indica, giustifica, promuove l'idea dell'inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile, con conseguente discriminazione delle donne in ambito culturale, professionale, sociopolitico. Insomma, malgrado gli enormi progressi sociali che hanno caratterizzato la nostra epoca, ancora permangono immutate pesanti discriminazioni non dichiarate, in base al sesso di appartenenza. Ad esempio per comprendere la portata del fenomeno, basta ricordare quanta resistenza ha incontrato nel nostro Paese la recente legge che propone la possibilità per il figlio di adottare entrambi i cognomi dei genitori, come già accade da tempo in Spagna. L'Italia, onde non tradire secoli di cultura patriarcale, è stata condannata nel novembre 2014 dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, per violazione dei diritti umani, poiché i giudici europei hanno stabilito che " dare ai figli il cognome della madre, è un diritto". Continuiamo con una serie di situazioni che vedono le donne in svantaggio rispetto ai compagni uomini, anche nel resto d'Europa. Ad esempio lo stipendio femminile è in media più basso, seppure a egual mansioni lavorative secondo il "gender pay gap" (differenziale retributivo di genere), mediamente del 18%. Alcuni Paesi tra cui Germania e Regno Unito, stanno discutendo progetti per ridurre tale differenza salariale. Inoltre pochissime donne ricoprono incarichi dirigenziali, occupando causa maternità, posti con orari più flessibili. Il divario esistente sembrerebbe causato peraltro, da discriminazioni nel luoghi di lavoro, con mancati riconoscimenti delle competenze femminili rispetto a quelle maschili, scarsa rappresentanza nella politica e nell'economia, con in più il carico, spesso non condiviso, delle responsabilità familiari.
Oltre a quanto detto, esiste il fenomeno della violenza, sia essa fisica che verbale, rivolta agli individui di sesso femminile, piaga sociale in parte sommersa dall'omertà, dalla difficoltà di denunciare agli enti preposti un fidanzato, un compagno, un marito violento, arrivando nei casi più gravi, tristemente balzati agli onori della cronaca, di omicidio o -femminicidio-, termine quest'ultimo sessista più di ogni altro! Esiste come noto nel dizionario della lingua italiana il termine "omicidio" a indicare in modo non discriminatorio la soppressione di un'altra vita umana, senza porre l'accento sulla differenza di genere, trattandosi appunto di genere umano. Pertanto la parola "femminicidio" suona come un' ulteriore offesa alla dignità femminile, negando di fatto alle donne, l'evidente diritto di appartenenza a un' unica specie, non differenziata nelle azioni e nel sentimento, dal sesso.
Come dire? Certi retaggi culturali sono subdoli e prendono il sopravvento nei modi più bizzarri, anche facendo coniare un termine che più che perorare la causa, la minimizza. E' stata uccisa una femmina...che vuoi che sia!
Insomma, le conquiste delle donne sono state importanti e innumerevoli, a partire dal Divorzio legalizzato nel 1970, alla legge sulla maternità del 1971, i Consultori Pubblici nel 1975, fino a riscrivere nello stesso anno il "diritto di famiglia", che eliminerà tutte le disparità esistenti tra uomo e donna nel vecchio codice. Poi finalmente, la legge sulla - violenza sessuale- emanata nel 1996 modificando il reato da "contro la morale pubblica" a "contro la persona". Grandi traguardi, ma anche enormi difficoltà in un percorso di eguaglianza accidentato, che a partire dal Medioevo quando le donne non era importante sapessero leggere o scrivere, a meno che non si volesse assegnarle allo stato monacale... ha in questi ultimi decenni sdoganato principi secolari. Tuttavia, permane un sessismo strisciante, che si palesa sovente nei particolari, in un eco poco gradevole che sa di preconcetto.
Laura Antonelli C.
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